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Ciao Andrea, buongiorno. Siamo soliti cominciare le interviste con qualche domanda personale: chi sei e qual è la tua storia in SAEP?

Ciao a tutti i lettori del Blog di SAEP. Sono Andrea, sono stato consulente SAEP per oltre 36 anni. Per la maggior parte di questo tempo, mi sono occupato dello sviluppo del software contabile C8. Oggi sono in pensione, ma mi capita spesso di passare in ufficio a salutare i miei ex colleghi.

La mia storia in SAEP è lunga da raccontare, quindi cercherò di essere breve e conciso. Sono arrivato in SAEP Informatica da un’altra società che si occupava della realizzazione di acciai speciali: venni chiamato dai soci di allora per occuparmi inizialmente della gestione di magazzino. Per un periodo poi mi sono occupato della formazione, dell’affiancamento e dei rilasci di un software per il collegamento tra telescriventi ed elaboratori, che permetteva la ricezione di documenti in maniera automatica.

E’ stato il mio pane quotidiano fino ai primi anni 90, dove abbiamo assistito ad una progressiva saturazione del mercato per alcune delle nostre soluzioni: sono stato quindi lanciato sulla contabilità, che in quel momento era in forte espansione.
L’azienda ai tempi già gestiva diverse imprese in Italia e in Francia, successivamente ci allargammo in Germania e Spagna. Il livello del software era già molto buono, avevamo un prodotto che altri non avevano, in quanto permetteva una gestione contabile multiaziendale, la possibilità quindi di consolidare più aziende e si installava in un paio di mesi.

Allora eravamo una delle poche software house in grado di ‘girare il rubinetto’ della contabilità in qualunque momento: il nostro obiettivo era quello di portare sulla nostra piattaforma i dati necessari a gestire la contabilità del presente, ma quella passata e il futura. Il software di contabilità non veniva impiegato per tutti quegli aspetti per cui lo utilizziamo oggi, c’erano meno esigenze di statistiche o di funzioni personalizzate. Anche noi eravamo poco maturi sul Finance, quindi non potevamo suggerire grandi cose operativamente.
La nostra soluzione pian piano è cresciuta, integrando le funzioni sviluppate per i nostri clienti e facendo tesoro di tutte le esperienze che abbiamo potuto realizzare con i clienti.

Perché sei qui oggi a raccontarci della tua esperienza e dell’importanza del rapporto tra cliente e consulente?

Questo dovete dirmelo voi! (ride, n.d.r.) Scherzi a parte, le ragioni per cui sono stato chiamato a parlare di questo tema credo abbiano a che fare con il rapporto che nel tempo sono riuscito a creare con collaboratori e clienti.

Per quelli che non mi conoscono, io sono il tipo di persona che cerca di strappare un sorriso a chiunque. Per me è sempre stato fondamentale creare rapporti amichevoli con tutti, anche e soprattutto in azienda: condividiamo 8 ore di vita lavorativa quasi ogni giorno, volevo viverle in serenità e nel modo migliore possibile. Io sono fatto così, fa parte della mia personalità, l’ho sempre fatto anche quando andavo nelle aziende come consulente. Qui diventava ancora più importante riuscire a creare un rapporto, in quanto per le imprese rappresentano momenti piuttosto delicati.

Spesso ho cercato di distendere il clima, ma chiaramente non è sempre possibile: ti scontri magari con i malumori di una parte di personale che è spaventata dal cambiamento, o teme che la soluzione possa complicare ulteriormente l’operatività. Al di là della personalità di ogni soggetto che interviene in questi rapporti, ho sempre cercato di convincere la direzione e i dipendenti attraverso la nostra capacità di risolvere i problemi, senza spostare più di tanto le loro convinzioni e abitudini (almeno inizialmente).

Se riesci a fargli capire che facendo le cose in un altro modo (possibilmente non troppo diverso da quello che usano) ottengono risultati migliori, più velocemente e con meno fatica significa che hai fatto bene il tuo lavoro. Questo non perché siamo infallibili ma perché conosciamo il prodotto e dopo tutti questi anni siamo in grado di poter dare indicazioni all’impresa.

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Quali sono le difficoltà maggiori che si possono incontrare nella dinamica tra cliente e consulente?

Quando dovevo intervenire in una azienda per un cambio del software gestionale spesso mi trovavo davanti persone che ‘facevano muro’: abituati ai programmi da anni, vivendo quotidianamente la realtà aziendale avevano smesso di mettere in discussione i processi e di cercare nuovi stimoli. Questa resistenza al cambiamento irrigidisce gli utenti, rendendo più difficile l’adozione di nuove soluzioni, che hanno l’obiettivo di farli lavorare meglio e con meno fatica.

Molto spesso direzione e dipendenti hanno obiettivi diversi riguardo all’adozione di un nuovo software: normalmente i dirigenti spingono per cambiare soluzioni in quanto non è più in grado di offrire i risultati attesi, o magari perché è in corso un cambio generazionale nella dirigenza.
Per i dipendenti invece il tema riguarda direttamente il loro lavoro e le procedure che devono affrontare quotidianamente, quindi un po’ di preoccupazione è assolutamente sensata. Il loro ruolo inoltre è fondamentale, in quanto saranno loro a impiegare la soluzione e a offrirci spunti sul loro lavoro che noi dall’esterno non riusciamo a cogliere.

Mi è capitato una volta che una dipendente a seguito dell’implementazione del nuovo software continuasse a usare gli strumenti manuali per eseguire procedure che avevamo automatizzato, impiegando circa il doppio del tempo. In questi casi il problema è nella cultura dell’azienda e delle sue risorse: questo diventa un problema se la direzione non riesce a far adottare efficacemente il nuovo software.

Questa difficoltà normalmente viene risolta con la nuova generazione di utenti, più inclini ad adottare nuove metodologie e non irrigiditi dal ‘s'è sempre fatto così, allora va fatto così’; ciò è però un palliativo, in quanto le risorse con più expertise in azienda possono passare molte competenze ai più giovani, magari su funzionalità approfondite che vengono perse nel passaggio a un nuovo software.

Quanto incide il rapporto che si riesce a creare con i key user nelle dinamiche cliente-consulente?

Quando riesci a creare un rapporto di fiducia è più facile entrare in sintonia con i dipendenti: una volta che realizzano che stai cercando di migliorare la loro operatività iniziano ad aprirsi e a venirti dietro. Saranno loro i primi sponsor della soluzione, quindi stringere sinergie con i dipendenti è uno step fondamentale per assicurare un uso corretto dei programmi.

Questo non significa che sia facile: a volte è necessario convincerli che stanno sbagliando, o che il processo configurato come ce lo stanno chiedendo non sia ottimizzato. Bisogna cercare di capire dove vogliono arrivare e accompagnarli verso la scelta progettuale più adeguata per loro. Ai miei colleghi dell’assistenza dicevo sempre di non prendere per buono quello che dicono, ma di cercare di capire dove vogliono arrivare: magari hanno preso una certa strada o cercano di usare uno strumento quando ne hanno a disposizione di più adatti.

Una volta che sei riuscito a creare questo rapporto di fiducia è tutto in discesa: superato questo scoglio spesso riesci addirittura a legare con loro e a divertirti sul lavoro, perché no. Con alcuni collaboratori esterni ho creato rapporti di amicizia che durano tutt’ora; Trafilerie San Paolo per un periodo è stata una seconda casa per me, ci ho passato moltissimo tempo, mettevo le nuove release sulle loro macchine. Molto dipende anche da come riesci a farti percepire; noi ci presentavamo nelle aziende come un’unica struttura: eravamo affiatati come squadra e questo probabilmente veniva percepito positivamente e aiutava ad aumentare il senso di fiducia.

Tutto sommato, della mia esperienza in SAEP ricordo che siamo sempre stati una grande famiglia: al di là delle incomprensioni, che sono normali in un contesto lavorativo, il rapporto con i colleghi è sempre stato d’amicizia. Non mi sono mai sentito un capo, ne ho mai cercato di costruire questo genere di rapporti verticali, con i colleghi o con i dipendenti di altre aziende. Quando riesci a stabilire un rapporto con le persone, questo genere di dinamiche non sono necessarie.

Quello che conta, sia nel rapporto con i clienti che con i colleghi, almeno nella mia opinione, è la capacità di fare gruppo.
Per usare una metafora prestata dal calcio, visto che usciamo da una vittoria agli Europei, ogni squadra è composta da quelli che pensano, quelli che corrono e che fanno i gol: il risultato è sempre di squadra e non di un singolo. Molte delle cose che siamo riusciti a realizzare durante i miei anni di lavoro in SAEP sono state resi possibili dal gruppo, dall’affiatamento e dalla collaborazione.

Grazie Andrea per averci dedicato il tuo tempo, ma soprattutto per il contributo che ci hai riportato.

Grazie a voi! Ne approfitto per salutare i miei ex colleghi, ci vediamo presto!

Ti ringraziamo ancora Andrea per le tue parole: in SAEP crediamo nel valore delle nostre risorse e la tua esperienza rappresenta per noi una di quelle a cui siamo più affezionati.

Un caro saluto da tutta SAEP.


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